Monastero delle Clarisse "S. Antonio e B. Elena"

Presso il Santuario "S. Antonio al Noce" - Santuari Antoniani Camposampiero (PD) - Italia

Santuario S. Antonio al Noce, 3 ottobre 2024

TRIDUO DI SAN FRANCESCO

nell’Ottavo centenario del dono delle Stimmate 

Primi Vespri e Transito del Serafico Padre

OMELIA

 

La celebrazione del Transito di San Francesco ci offre una occasione, una opportunità quanto mai preziosa: quella di confrontarci serenamente e lucidamente con l’idea della morte, che non è per nulla un’idea, ma un inevitabile dato di realtà.

La morte è la vera contestazione della vita e di Dio stesso.

 Se c’è Dio perché la morte? Perché la sofferenza innocente?

La morte e il dolore innocente sono il vero argomento degli atei!

Ma potremmo anche rovesciare la questione: se Dio non c’è perché la vita?

Se Dio non c’è perché l’amore, la verità?

Perché un mondo regolato dalle leggi della fisica e della chimica e intelligibile alla ragione umana?

Ma l’argomentare sulla morte non ci toglie la paura della morte e la tristezza del sapere che un giorno non saremo più. Trovo assai più illuminanti le parole della liturgia:

…se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell'immortalità futura. Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo. (Prefazio dei Defunti I).

 

A noi mortali creature non è concesso fare esperienza della morte: si muore una volta sola!

Tuttavia l’esperienza dei lutti che ci hanno segnato fino a questo momento ci costringono a venire a patti con la realtà della nostra finitudine e a rendercene responsabili.

La consapevolezza della morte è per noi una risorsa preziosa perché ci impone a dare valore al tempo, un tempo che ci viene concesso non per vivere spensieratamente, né in modo dissoluto, ma al contrario per vivere in modo sensato.

Noi viviamo in una cultura complice della morte: il divorzio sancisce la morte di un matrimonio, l’aborto è una morte procurata con l’aggravante di chi se la prende con chi non può difendersi, l’eutanasia esprime l’estremo tentativo di un uomo che pretende di gestire in modo autoreferenziale la propria esistenza, per voler mantenere il controllo fino alla fine.

Se non fosse drammatico sarebbe ridicolo!

Francesco ci insegna come si affronta la morte e prima ancora il dolore: i due grandi tabù della nostra società.

Francesco non solo affronta con coraggio le sue molteplici patologie allo stomaco, alla milza e al fegato, e credo ricordiamo tutti il racconto della cauterizzazione attorno agli occhi (FF 1620), ma affronta con serenità e lucidità l’approssimarsi dell’incontro con la morte, arrivando a comporre, proprio mentre il suo corpo era devastato da malattie e terapie sbagliate, quel Cantico delle Creature che è un inno alla vita.

Non si tratta di una composizione romantica o ecologista quanto di una lettura di fede che riconosce in ogni creatura la loro bellezza, quale segno della Bellezza del creatore e infine anche la morte, non voluta dal Creatore ma che fu effetto del peccato, viene redenta dalla Pasqua di Cristo.

Ce lo ricorda molto bene san Paolo (1 Cor 15):

La morte è stata inghiottita nella vittoria.

Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?

Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!

 

Qui sta il punto: è solo la fede nella Pasqua di Gesù che ci permette di affrontare serenamente e senza paura l’ultimo passaggio della nostra esistenza.

Francesco aveva questa fede, per questo riesce a chiamare la morte “sorella” perché anch’essa parte di un mondo destinato alla vita eterna, per tutti.

Non sprechiamo il nostro tempo, quindi, ma impariamo da Francesco a vivere bene il nostro “qui e ora”!

Se faremo così la morte non ci coglierà di sorpresa, non sarà né ladra, né ingiusta, né cinica ma “sorella” per introdurci nella vita eterna, della quale questa vita non è che una palestra, un impegnativo, talvolta duro, ma anche, bellissimo tirocinio orientato e sostenuto dal “comandamento nuovo”.

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