IL SENSO, IERI COME OGGI, DELLA VITA MONASTICA: DIVENTARE INTERLOCUTRICE DI DIO, SUI PASSI DI CHIARA E FRANCESCO.
Il senso della vita monastica è tutto qui: un incontro, quello con il Signore, davanti al quale qualsiasi altra cosa, pur bella e importante, passa in secondo piano.
Perché si entra ancor oggi in monastero? Per una relazione. Non si sceglie la clausura, né la preghiera come servizio liturgico, né lo studio o la vita ascetica: non si sceglie qualcosa ma Qualcuno; non un “fare” ma uno “stare” alla sua presenza, un esserci per Lui.
Quando si scopre che Dio sceglie, che ti sceglie “per sé”, per una relazione unica, fai l’esperienza del mercante del Vangelo che scopre in un campo una perla di valore inestimabile e va, corre, vende tutto per averla. È un trovare mai definitivo, che non elimina ulteriori ricerche, smarrimenti, silenzi… Pedagogia divina nella persona: creare il vuoto necessario per sentire il “bisogno” di Lui, vuoto che richiama la sua pienezza, il suo Amore. In realtà questa è la vocazione di ogni battezzato: ogni cristiano è chiamato a diventare interlocutore di Dio, del Padre che per primo cerca i nostri occhi, il nostro sguardo. La vita di una monaca quindi è la vita di ogni cristiano, vissuta però nella dimensione della massima urgenza. Nella Chiesa, nostra Madre, la vita monastica ricorda l’unica cosa necessaria: il bisogno che ogni uomo ha di Dio.
Ogni ordine contemplativo vive questa ricerca del Signore secondo un carisma specifico. Noi siamo Clarisse, figlie di Santa Chiara: abbiamo ricevuto da Chiara e Francesco di Assisi il carisma della minorità, della fraternità, della semplicità. La nostra vocazione, che è anche la nostra missione, si può sintetizzare nella chiamata a vivere il Vangelo.
Per fare del Vangelo l’unica Regola, occorre un diuturno impegno nel coltivare la relazione con il Signore tramite il primato della sua Parola, del suo Verbo fatto carne: il Cristo povero e crocifisso. E, di conseguenza, rivestirci dei suoi sentimenti, della beata povertà, della santa umiltà, dell’ineffabile carità, sotto l’operazione dello Spirito Santo, che vuole riproporre in ciascuna di noi l’immagine dell’Amato. Questa dimensione contemplativa del nostro vivere ci permette di partecipare in profondità alla condizione umana, intercettando le aspirazioni più segrete e sconosciute del cuore di tanti fratelli e sorelle e divenendo, in virtù della Grazia, sostegno delle membra vacillanti del Corpo di Cristo, che è la Chiesa.
La preghiera, che scandisce il ritmo delle nostre giornate, è il terreno buono a cui affidare la vita di ogni uomo, di ogni donna del nostro tempo. Umanità che aumenta in qualche modo la nostra fraternità e che ci fa crescere come sorelle nell’impegno dell’intercessione. Il desiderio di essere Chiesa ci fa sentire parte integrante e attiva di un unico Corpo: per questo motivo la Liturgia delle Ore - che cerchiamo di curare con particolare attenzione ed “affetto” dell’anima - è proposta a quanti vogliono sostare con noi per un momento di preghiera nel Santuario S. Antonio al Noce, adiacente al monastero, dove comunità religiosa e fedeli si riuniscono quotidianamente anche per la Celebrazione Eucaristica. Sempre nel desiderio di essere Chiesa, cerchiamo di offrire il servizio dell’ascolto, oltremodo necessario ai giorni nostri. Il servizio dell’accoglienza si apre anche ai gruppi che chiedono la nostra testimonianza.
La minorità e la povertà sono condizioni fondamentali della nostra esperienza clariana che si ispira all’amore di Cristo, il Povero, il più piccolo per eccellenza. Vivere in povertà è una scelta che ci permette di affidarci alla Provvidenza del Padre delle Misericordie - come S. Chiara amava chiamare il suo Signore -, e di gustarne l’assoluta premura. È lavorare con le nostre mani con la creatività e l’abilità donateci da Dio.
Produciamo lavori di scrittura delle icone; di immagini sacre incollate su vari supporti (legno, sassi, tegole); di copertine e lavori in cuoio; di decorazione di candele per varie occasioni; di confezione di bomboniere; di lavorazione del legno; di uncinetto, ricamo, cucito. Mezzo di sostentamento e di condivisione con i più bisognosi.
Un altro perno del carisma clariano è la fraternità come “già e non ancora”, come tensione verso una comunione sempre in divenire, a tratti più evidente, a tratti più nascosta, ma non per questo meno ricca di impegno e di speranza.
Siamo quattordici sorelle che vanno dai 30 ai quasi 90 anni, di diversa formazione e provenienza. Attrezzate per vivere insieme dal mandato di Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Il fare fraternità declina il nostro quotidiano in mille gesti di attenzione, comprensione, chiarimento, collaborazione, aiuto speciale quando sorella infermità bussa alla nostra porta. Fraternità, che è il capolavoro per eccellenza di Gesù affidato alle nostre fragili mani, e per questo ci richiede ogni giorno di ricominciare da capo.
Fare della nostra vita una preghiera per Dio e per la Chiesa sua Sposa: non poteva accaderci cosa più bella!
Sorelle Clarisse di Camposampiero
Fonte: San Bonaventura Informa - SBi, Anno VII, nr 78/79, luglio-agosto 2019
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