Matteo Cesarotto, gregorianista e musicologo
Perché cantare? Cosa cantare? Come cantare? Quando cantare? E a chi, o per chi? La sequela di domande potrebbe essere ben più lunga: il titolo affidato ad un verbo all’infinito presente (come richiesto, in modo programmatico, dalla collana Riti del vivere diretta da Barbara Marchica e Giulio Osto per Cittadella Editrice) lascia aperte numerose strade, almeno nella mente del potenziale lettore. E il libro scritto a quattro mani da Gianmartino Durighello e sr. Maria Francesca Pillon sembra percorrere tutte queste strade e molte altre alla luce del messaggio evangelico, abbracciando una visione d’insieme quanto mai ampia sul tema dato: Cantare.
Agli autori sono affidate le due parti in cui il testo è suddiviso (ancora una scelta di Riti del vivere che caratterizza tutte le pubblicazioni, edite e in preparazione). La prima parte, a firma di Durighello, risuona sulla soglia del tempio come «canto nuovo, canto dell’aurora», quando «non è più notte, ma non è ancora giorno» e pur attenendosi su un piano più marcatamente antropologico, cercando di sondare senza gravità le ragioni profonde del cantare, non rinuncia mai al valore spirituale ed esegetico, all’insegna della ricerca e della visione del Bello.
Dopo aver assaporato il canto nelle sua dimensione aurorale, ecco che la seconda parte, affidata a sr. Maria Francesca, varca le soglie del giorno e del tempio, coniugando il verbo “cantare” in ambito teologico e liturgico: senza avere la pretesa di essere un ennesimo manuale di musica per la liturgia, condivide nondimeno utili e preziose riflessioni per un più consapevole ministero musicale, seguendo le felici similitudini musicali del volto della Chiesa come «coro che adora il Padre» e del rito come partitura (con tanto di raddoppio in ottava, linea del basso, pause…).
In entrambe le sezioni si avverte poi in modo forte la componente esperienziale degli autori (compositore e didatta lui, musicista e clarissa di vita contemplativa a Camposampiero lei), ambedue generosi nella condivisione) che informa con eleganza la trattazione e la rende prossima a chi legge, tanto che si tratti di un neofita, che attraverso le pagine può essere introdotto con sicurezza al gusto del canto e alla bellezza del canto liturgico, o di un iniziato, che troverà utili elementi di riflessione, di arricchimento spirituale e anche validi strumenti operativi. Il tutto impreziosito da generosi riferimenti alla Scrittura, ai Padri, ovviamente al magistero della Chiesa e alla letteratura in senso lato.
Un libro agile, scorrevole eppure puntuale, non esasperatamente tecnico sebbene preciso, che non si compiace della propria narrazione e la cui lettura non si espone mai al rischio di incorrere nel cosiddetto «effetto Claudia Schiffer». Mai sentito nominare, questo «effetto»? È una curiosità che si può gustare solo assaporando la lettura di Cantare.
Camillo De Biasi
Il valore del verbo “cantare”
IL LIBRO DI GIANMARTINO DURIGHELLO E SUOR MARIA FRANCESCA PILLON
Nelle afose giornate di questa estate, mi ha accompagnato la lettura e la meditazione di un libretto dal titolo semplice: “Cantare”. Traggo dal postludio (a pagina 141) alcune frasi di sintesi di tutta l’esposizione: “Cantare (non è più notte, non è ancora giorno) è dar suono all’aurora. Cantare qui oggi è memoria, è profezia: questo mio corpo che canta è sacramento, segno vivo del vero canto che è la carità. Cantare è portare a Dio il grido dell’uomo e all’uomo il sorriso di Dio. Cantare è scoprire di essere figli, è scoprire di essere fratelli riconciliati in Uno”.
Il volumetto è composto di due parti ricche di citazioni: la prima, affidata al maestro Gianmartino Durighello – docente al conservatorio Steffani di Castelfranco – “affronta il verbo ‘cantare’ su un piano ad ampio raggio antropologico e spirituale, non senza alcuni esempi pratici” legati alla sua esperienza di insegnante di coro. La seconda parte, affidata a suor Maria Francesca Pillon – monaca clarissa urbanista, diplomata in composizione e direzione di coro – “continua la riflessione portandosi sul piano rituale, liturgico, con la forza spirituale propria di una monaca di vita contemplat(t)iva!”.
Sarebbe bello che tutti coloro che cantano – sia solisti, sia coristi – si avvicinassero a queste pagine intense e, nello stesso tempo, illuminanti del
significato del verbo “cantare”. “Non è un manuale – commenta l’autore – anche se vi si possono trovare cose proprie di un manuale. Ma l’intento è diverso, è quello di dipingere il verbo cantare appunto nella sua rilevanza umana, spirituale e quindi rituale, attratti dal fascino
dell’universale bellezza di cui il canto è portatore”. Mi rivolgo a tutti i maestri di coro, soprattutto dei cori parrocchiali, liturgici: alla ripresa delle attività, sarebbe bello che prima di ogni prova si leggesse e si meditasse una paginetta di questo libro, reperibile alla Libreria del Seminario. Sarebbe un vero arricchimento per chi lo propone e per chi lo ascolta: donerebbe uno spessore umano e spirituale a questa attività bella e interessante della vita dell’uomo: “Così è cantare, per la sua originaria e universale bellezza. Una bellezza intrinseca che genera, alimenta e accoglie tutta la nostra vita. E la nostra vita si fa canto».
Copyright (c)2019 L' Azione, Edition 8/9/2019